Pubblica Sicurezza
Riceviamo e Pubblichiamo
Qualcuno ha letto integralmente il testo approvato dalla camera dei deputati delDdl Camera 2180 – A – Disposizioni in materia di sicurezza pubblica – Emendamenti del governo 1.1000, 2.1000, 3.1000 ?
Pochi o molti lo avranno scritto e riscritto ma sono convinto che, ad eccezione di qualche sfortunato costretto tecnicamente a compilarlo e verificarlo, nessuno lo abbia letto interamente. Deve essere questa una delle ragioni per cui il testo è stato sottoposto al voto di fiducia.
Prendere o lasciare tutto in blocco, per non essere costretti all’operazione dissennata di leggerlo tutto, passo dopo passo, da cima a fondo, rischiando mille volte di perdere il filo e la ragione.
Eppure è uno sforzo che bisognerà fare prima o poi, per diversi motivi: capire rapidamente e bene la natura delle disposizioni emanate e attraverso questo comprendere sino in fondo quale visione di Paese, che modello di società hanno in mente i rappresentanti di questo governo; in secondo luogo avere esatta conoscenza delle insidie pericolose di cui il provvedimento è disseminato nelle quali chiunque potrebbe incorrere; terzo e più importante per i destinatari primari, cioè gli immigrati, essere perfettamente informati delle gravi misure che li riguardano.
Io l’ho letto tutto, anzi quasi tutto perché qua e là ho saltato quei passaggi tristemente infarciti di inestricabili rimandi, che magari nascondono cose importanti sfuggite alla mia conoscenza e che nessun organo di stampa o dibattito televisivo riuscirà mai a svelare.
E’ stata una sorpresa imbattersi subito, dopo poche righe, nel ripristino di una vecchia conoscenza che si riteneva archiviata per sempre: il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, punibile con la reclusione sino a tre anni.
La cosa forse non è così rilevante, tuttavia messa lì a lettura appena iniziata pervade inevitabilmente il testo e l’olfatto di un sentore di muffa maleodorante e fornisce – forse come chiave di lettura – il segnale della tentazione latente di un ritorno a qualcosa di vecchio che miscela l’esibizione di galloni a pretese di riverenza. In fondo è un odore utile che aiuta a comprendere meglio l’atmosfera politica e la logica dei provvedimenti, come un senso di sudaticcio che – per quanto si tenti di dissimulare – lascia trapelare l’eccitazione del momento, la partecipazione trafelata di chi lo emana.
Le finalità del ddl per quanto riguarda l’emendamento 1.1000 – si potrebbe dire i motivi ispiratori se tale espressione non suonasse inopportunamente nobile – sono fondamentalmente due.
Anzitutto la criminalizzazione dell’immigrato irregolare, confermando a un’opinione pubblica incitata alla paura e all’avversione per gli altri l’equazione immigrato uguale delinquente.
Sono evidenti l’intento persecutorio verso uomini e donne migrati nel nostro paese, la capillare ricerca di misure che inducono all’isolamento di persone in difficoltà, l’opera di terra bruciata nel perimetro dei soggetti destinatari del provvedimento. Peserà a lungo sulle coscienze, mentre apre a uno scenario di xenofobia, il fatto che si rende reato una condizione umana ai limiti della sopravvivenza piuttosto che una concreta azione criminosa.
Colpiscono le atroci ambiguità nella definizione dei termini per la registrazione anagrafica dei figli nati da coppie di immigrati irregolari, con il rischio di generare bambini invisibili, o la minaccia di reclusione da sei mesi a tre anni per chi “dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione”.
Si direbbe che intenzione del legislatore, più esattamente del governo, sia il metodico boicottaggio del senso di umanità e della tolleranza. (ma quand’è che noi italiani ci vantavamo di tali virtù. forse quando eravamo noi nella parte di chi migrava).
Non basta la promessa sbrigativa di un Accordo di integrazione da predisporre successivamente a fugare i timori sin qui suscitati, che anzi rischia di apparire come la coda di paglia di un tentativo equivoco che sembra accennare a nuove minacce più che al confronto.
In secondo luogo, il perentorio richiamo delle istituzioni alla connivenza e alla complicità sulle misure emanate. L’assurda pretesa di trasformarci in una comunità di delatori, che ricorda inevitabilmente circostanze infauste del secolo scorso.Cos’altro vuol dire il tentativo di imporre a soggetti al di sopra di simili competenze la richiesta di esibizione di documenti e permessi.
E’ pur vero che fortunatamente è stato cancellato per merito dell’opposizione l’obbligo a carico di medici, presidi e direttori didattici di denunciare alle autorità chi si presenta senza permesso di soggiorno. Ma i documenti di soggiorno andranno esibiti per qualunque atto pubblico, compresi quelli di stato civile, mentre gli agenti finanziari che gestiscono il trasferimento di fondi saranno tenuti ad acquisire e conservare per dieci anni i documenti degli immigrati che si avvalgono dei loro servizi per spedire a casa qualche euro. L’effetto intimidatorio comunque è stato raggiunto.
Chi potrà convincere un immigrato, che ha bisogno di aiuto per curare sé stesso o un familiare o che deve iscrivere il suo bimbo a scuola, che non sarà denunciato agli organi di polizia. Cosa potrà convincere gli immigrati a non sentirsi minacciati da misure discriminatorie. Non è questo il modo per costituire una comunità repressa, separata che è l’esatto contrario di una comunità che viene accolta, accetta le regole e si integra ?
E siccome il fenomeno dell’immigrazione è destinato ad ampliarsi e durare nel tempo non è questo il modo sciagurato per porre le basi di possibili conflitti ?
Di fronte ad autorevoli e preoccupate prese di posizione, Cicikov è stato sollecitato dai suoi sodali a reagire mentre era intento con un occhio a controllare l’ultimo sondaggio, con le attese di chi si rivolge allo specchio delle sue brame, e con l’altro osservava compiaciuto la foto incorniciata di una giovane biondina dedicata a papi.
E’ intervenuto secondo lo schema consueto negando l’evidenza: quando il Presidente della repubblica sottolinea gli accenti di intolleranza o xenofobia che impregnano la retorica pubblica oppure quando il Vaticano lamenta la mancanza di misure di integrazione nel ddl, Cicikov stolidamente ci informa che le critiche non sono rivolte al governo.
E allora a chi.
Il vecchio capo dei colletti verdi, occupando con scaltrezza il centro della scena e il favore dei sondaggi, ha tagliato corto dicendo probabilmente due verità: facciamo quello che la gente vuole, quindi tiriamo avanti; le critiche dell’opposizione sono un suicidio.
Ribadendo che nel principio base dell’operare di questo governo vi è la rinuncia ad una funzione equilibrata e responsabile di guida del Paese, che sappia traguardare oltre le spinte emotive contingenti.
Purtroppo la storia non riesce ad essere maestra di vita e spesso si dimenticano le cose tremende che i cosiddetti desideri della gente, a volte spontanei ma spesso indotti, hanno prodotto nel corso del ‘900.
Allora è il caso di ricordare a Cicikov e ai fedeli che lo assecondano dalle due sponde del Tevere, le circostanze di un tale chiamato Pilato che affidandosi a quanto si dice ad un sondaggio finì col prendere una decisione le cui conseguenze sono note a tutti.
Saluti.
Franco
15 maggio 2009