La scomparsa di Ivan Della Mea
È morto Ivan Della Mea il cantautore del lavoro
di Stefano Miliani
Nel 1966 Ivan Della Mea scrisse una canzone che iniziava così: “O cara moglie stasera ti prego, / di’ a mio figlio che vada a dormire / perché le cose che io ho da dire / non sono cose che deve sentire. / Proprio stamane là sul lavoro, / con il sorriso del caposezione / mi è arrivata la liquidazione, / mi han licenziato senza pietà. / e la ragione è perché ho scioperato”. Ve la riportiamo perché a 69 anni, all’ospedale San Paolo di Milano, il cantautore nonché poeta, scrittore, uomo appassionato del destino degli uomini, un battagliero sostenitore degli ideali di giustizia sociale, uomo di sinistra, è morto nella notte tra sabato e domenica.
Se n’è andato un artista completo, dotato di una capacità rara di cogliere la realtà: lo dimostrò “O cara moglie” che ha accompagnato il ’68, le lotte degli anni Settanta e che risuona sorprendentemente, o forse amaramente, attuale nell’Italia dei precari di oggi. Fino all’anno scorso scriveva di tanto in tanto per l’Unità.
Ivan Della Mea è stata una delle figure più importanti di una cultura ancorata alle ragioni di chi lavora o di ha perso o cerca il lavoro. E un musicista autentico: rileggeva in chiave attuale la tradizione e il folk virandola come pochi sanno fare al nostro tempo. Spesso con ironia e con umorismo.
Era nato a Lucca il 16 ottobre 1940, poi andò a Milano e qua, nel 1962, fondò con Gianni Bosio il Nuovo Canzoniere Italiano, formazione essenziale del folk. Ma prima di passare a tempo pieno alla musica fece ogni tipo di lavoro: operaio, scaricatore, fattorino, barista, correttore di bozze.
Ha scritto canzoni e ballate, talvolta in dialetto milanese, senza abbandonarsi alle mode. Ha avuto come compagni di viaggio artisti come Giovanna Marini e Paolo Pietrangeli. E nel 1966 pubblicò per la neonata etichetta musicale «I dischi del sole» il suo primo disco, «Io so che un giorno»: primo capitolo di una narrazione che non ha mai risparmiato critiche a una società che divideva privilegi e fatica. Ivan Della Mea contestava il potere ingiusto, la società capitalista, ma non risparmiava critiche alla sua amata sinistra, quando lo riteneva necessario: anni fa non esitò a scrivere una lettera a Bertinotti in veste di segretario di Rifondazione dicendo in sostanza che la sinistra aveva perso la sua strada, che stava tradendo se stessa accecata dal potere. Lui non ebbe mai benefici dal potere. E “Comunista”, per Ivan Della Mea, non era una parolaccia o un passato da dimenticare.
Di grande umanità e artista versatile, ha inciso dischi come “Il rosso è diventato giallo”, “Se qualcuno ti fa morto”, “La nave dei folli”, “La piccola ragione di allegria”. Tra i libri, perché scriveva molto bene, la sua bibliografia indica “Fiaba d’orso, di bagatto di un giorno centenario» (1984), «Il sasso dentro” (1990), “Se nasco un’altra volta ci rinuncio” (1992, primo Premio Forte dei Marmi« per il libro più divertente dell’anno»), “Un amore di luna” (1994). Infine, a ricordarne la versatilità, va detto che lavorò un paio di volte anche per il cinema: con Franco Solinas scrisse il soggetto dello spaghetti-western «Tepepa» (1969), dieci anni dopo parteciò al film di Paolo Pietrangeli “I giorni cantati” con Roberto Benigni, Melato e Giovanna Marini.
Da “l’Unità” del 14 Giugno 2009
Ivan Della Mea partecipò alle celebrazioni per il Centenario della Camera del Lavoro di Gallarate, che si tennero tra il novembre ed il dicembre del 2002, allestendo un concerto per il 2 dicembre nei locali del Dancing Salone di Cassano Magnago.
In apertura, alcune immagini dell’evento: nella prima, insieme a Renato Pastorelli, Segretario della Camera del Lavoro di Gallarate negli anni ’50, mentre legge la sua prolusione.
L’Anpi di Gallarate si unisce al generale cordoglio per la scomparsa dell’indimenticabile cantautore, compagno e protagonista del mondo del Lavoro
COMUNICATO DELL’ANPI NAZIONALE
Ciao Ivan. E grazie. Perché hai dedicato, con intelligenza e tenera fantasia, un’intera vita alla memoria.
Alla memoria di chi ha lottato per i propri diritti, di chi non aveva voce sufficiente per farlo.
Di chi ha fatto della libertà, sua ma degli altri specialmente, ragione di ogni istante: i partigiani.
Grazie.
Per come li hai seguiti, amati, cantati.
Ci mancherà la tua voce sincera e piena di passione.
Il tuo sguardo accogliente.
Vogliamo salutarti, così, semplicemente, ascoltandoti ancora una volta:
“…A voi partigiani
Darò fino all’ultimo respiro
Il mio solo pensiero:
liberi pensate le cose giuste le cose sbagliate
liberi sempre
la lotta con cuore sincero:
andiamo andate
volervi bene è il solo vero”
La Segreteria Nazionale
Roma, 15 Giugno 2009
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