Lettera aperta per non dimenticare

Lettera aperta per non dimenticare


Riceviamo e pubblichiamo


Spettabili ANPI,


in allegato il file contenente la lettera aperta sottoscritta da me e dal figlio del Partigiano Fausto Bossi, unico sopravissuto all’eccidio di Ferno (VA) e recentemente scomparso.


L’antifascismo e la Resistenza hanno avuto in questi ultimi anni attacchi sfrenati e i tentativi di delegittimare chi è morto per la nostra libertà mettendolo sullo stesso piano del carnefice fascista, non per ultimo il tentativo di delegittimare chi ha partecipato alla Lotta di Liberazione e ha rischiato la vita messo alla mercè di revisionisti storici come i Pansa, che ha aspettato che morissero i Pajetta, i Longo, i Togliatti, i Secchia… per denigrare e diffamare l’immagine, non solo dei morti per la Libertà ma anche dei sopravissuti alla Lotta di Liberazione.


fraterni saluti


Osvaldo Bossi


Gallarate, 5 Novembre 2009


Qui di seguito il testo stilato dai compagni Osvaldo ed Amedeo Bossi, entrambi figli di Partigiani Combattenti, diffuso anche a mezzo stampa


Lettera aperta per non dimenticare! 


 Il 13 agosto ci ha lasciato, dopo una lunga malattia, il Partigiano Fausto Bossi (detto ul Bussin), unico sopravissuto dalla strage perpetrata dai fascisti a Ferno nel gennaio del 1945 e, la sua scomparsa ci ha condotto ad una riflessione, forse un po’ tardiva, sul ruolo e sulla necessità di “non dimenticare” proprio a partire, non solo dagli eroi che sacrificarono la propria vita per la libertà e la democrazia in Italia, ma da quelli, che spesso ci si dimentica: i sopravissuti a quel dramma che fu per l’intero paese nefandezza e vergogna!.


Fausto Bossi, unico sopravvissuto dei 5 martiri del 5 gennaio 1945 perpetrato dalle squadracce tedesche e dai vili fascisti…. “lui, era parte della Brigata Garibaldina guidata dal Comandante Fagno (Ielmini) che lottava contro la dittatura nazifascista”.


Con lui c’erano Nino Locarno, Dante Pozzi, Claudio Magnoli, Silvano Fantin, Paolo Salemi, quel tragico 5 Gennaio 1945 trucidati nella cascina Cavagnina di Ferno “ ma quel giorno le belve vi cercavano, vi hanno raggiunto, vi hanno teso l’agguato e vi hanno aggredito vigliaccamente alle spalle con furia selvaggia, … e i vostri corpi martoriati, crivellati di colpi vennero trascinati come carogne di animali immondi attraverso il paese” (testo del discorso pronunciato dal comandante Fagno ai funerali).


Ul Bussin, forse perché giovane, ferito, fu portato alle carceri milanesi di indubbia fama per le torture perpetrate, detenuto per tre mesi, riuscì a scappare e a ricongiungersi alle forze Partigiane per la Liberazione.


In quei drammatici mesi di prigionia fu sottoposto a torture: dallo stiramento degli arti (legati mani e piedi steso su di un tavolo e “stirato” fino alla quasi rottura degli arti, quando andava bene) alla tortura degli aghi conficcati nelle spalle (basta verificare i rapporti contro Formosa, Valvassori, Torti, Massari nel processo contro costoro sulle torture e sevizie perpetrate nei confronti degli antifascisti).


Noi ci sentiamo di condividere le parole pronunciate ai funerali del “Bussin” dal Presidente dell’ANPI provinciale di Varese, Angelo Chiesa, e riportate dal quotidiano locale “La Prealpina” che ci sentiamo di ringraziare per aver colto l’occasione per ricordare che la Resistenza fu un fenomeno di massa, non fu guerra civile ma partecipazione di popolo proprio a partire dalle fabbriche e dai lavoratori…. Come il “Bussin” che dopo la Liberazione se ne tornò al suo lavoro, come tanti altri, perché per Loro la Resistenza fu un atto dovuto al proprio Paese …”tutti noi lo chiamavamo simpaticamente il Bussin, non mancava mai alle nostre riunioni, una volta ritornato, ha fatto l’operaio contribuendo a ricostruire il paese, non è diventato deputato o senatore, era un esempio di correttezza ed immensa modestia nella sua semplicità, lui non ha scritto libri ma con la lotta ha costruito la nostra storia” (Angelo Chiesa Presidente ANPI Varese).


Nel condividere chi sostiene che vadano ricordati non solo i morti sul campo di battaglia come i 5 martiri, ma anche chi contribuì a prezzo di enormi sacrifici, magari passati sotto tortura come Fausto Bossi, ma mai ricordati perché facente parte dei sopravissuti per cui posti ai margini e non invece al centro dell’attenzione di studiosi e storici come si dovrebbe convenire in un paese civile che ha conquistato la propria libertà con il sacrificio umano di ci ha rimesso la vita ma anche di chi è sopravissuto per testimoniare.


A fronte di ciò, facciamo appello alle forze antifasciste e della Resistenza (in primis l’ANPI) e chiediamo che TUTTI i Partigiani (caduti in combattimento, sopravissuti al dopo…) che contribuirono alla lotta di Liberazione Nazionale siano riconosciuti e ricordati allo stesso modo per impedire che la Resistenza sia solo ricordata come atto eroico e non come fenomeno di massa e condiviso dal popolo italiano che ebbe tra i suoi più illustri combattenti semplici operai uno come il Bussin.


Ora e sempre RESISTENZA!


Gallarate 3 novembre 2009


– Osvaldo Bossi Antifascista figlio del Partigiano Giuseppe Bossi 127^ BG. Garibaldi SAP ( osvaldobossi@alice.it)


– Amedeo Bossi Antifascista figlio del Partigiano Fausto Bossi “Bussin” unico sopravvissuto dell’eccidio di Ferno ( amebossi@libero.it)


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