il Crocifisso e l’Europa

il Crocifisso e l’Europa

Riceviamo e Pubblichiamo

pubblicato su Le Prealpina dell’8 Novembre 2009

La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sul tema del crocefisso nelle scuole ha messo in moto una polemica che è presto travalicata dalla questione specifica, per trasformarsi in un pesante critica ai “giudici UE”, all’Unione europea in generale che si occuperebbe di cose che non la riguardano.

La UE può essere criticata per mille cose: per le quote-latte, per la legislazione sui centimetri dei piselli, o amenità varie. Oppure, più seriamente, perché ad esempio non mette in moto una vera politica energetica europea che possa traghettare l’Europa dalla dipendenza dai paesi produttori (petrolio o gas) verso una diversificazione delle fonti, a partire dalle energie rinnovabili.

Oppure perché non ha una politica estera e di sicurezza comune, che consenta agli europei di decidere secondo i propri interessi.

Ma non può essere criticata per questa sentenza, per il semplice motivo che la UE non c’entra nulla.

Molti commentatori (e uomini politici) non si sono nemmeno informati. Sarebbe stato sufficiente consultare qualche sito internet per sapere che la Corte che ha emesso la sentenza in questione, con sede a Strasburgo, e cioè la Corte Europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è stata istituita dalla “Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”, un trattato internazionale firmato a Roma nel 1950, redatto dal Consiglio d’Europa (che non è il Consiglio Europeo, organo dei Capi di Stato e di Governo della UE) ed entrato in vigore nel 1953. Esso è stato ratificato da ben 47 Paesi europei, praticamente tutti, con l’esclusione della Bielorussia.

Quindi anche l’Islanda, la Norvegia, la Svizzera, la Russia, tutti i paesi della ex-Jugoslavia, l’Albania ed anche la Turchia.

La CEDU ha sede a Strasburgo e ad essa possono adire sia gli individui sia gli Stati contraenti nel caso in cui si lamenti la violazione di una delle disposizioni della Convenzione, che intende tutelare l’insieme dei diritti individuali così come si sono affermati nella tradizione liberal-democratica europea.

Bastano queste poche informazioni per comprendere che l’ordinamento incentrato sulla CEDU e sulla Corte di Strasburgo è, dunque, cosa completamente diversa dalle istituzioni che prima hanno dato vita alla Comunità Economica Europea (Trattato di Roma, 1957) e successivamente all’Unione Europea (Trattato di Maastricht, 1992), cioè a ciò cui abitualmente ci riferiamo quando parliamo di Europa o di unità europea. Infatti, l’Unione Europea ha una sua propria istituzione giudiziaria, che si chiama “Corte di Giustizia delle Comunità Europee”, che ha sede a Lussemburgo, si compone di un giudice per ogni Stato membro della UE (attualmente 27) ed ha il compito di garantire l’osservanza del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati istitutivi della Unione Europea.

Essa si occupa generalmente dei ricorsi per inadempimento da parte degli Stati membri (la c.d. procedura di infrazione) o per violazione del diritto comunitario, proposti dalla Commissione o da un altro Stato membro. O ancora dei ricorsi per annullare un atto legislativo posto in essere da un’istituzione della UE (Consiglio, Parlamento europeo, Commissione, BCE).

In conclusione, tutta la polemica antieuropea suscitata dalla sentenza della Corte di Strasburgo ci appare fuori luogo. Un conto è la valutazione sulla sentenza, che può, come tutte le sentenze, essere discussa  ed essere considerata discutibile nel merito e, probabilmente, c’è materia al riguardo perchè lo sia. Altro conto è lanciarsi in crociate contro la UE: non c’entra nulla.

A meno che non si voglia prendere spunto da questo episodio per dire che, comunque, è meglio tagliare i ponti con il mondo e starsene chiusi a casa propria. L’emarginazione politica prima e poi la miseria culturale, sociale e, alla fine, anche economica sarebbe garantita.

Antonio Longo

Segreteria nazionale del Movimento Federalista Europeo

Direttore del Circolo culturale “Altiero Spinelli” – Milano

Gallarate, 8 Novembre 2009

N.B.: Quanto sopra è il testo di una mia lettera apparsa su La Prealpina di oggi (domenica 8 nov. 2009) sul tema in oggetto, tema assai caldo che rischia di scatenare un’ondata di antieuropeismo, favorito da un mix di ignoranza ed opportunismo politico. A Palazzo Estense (Varese) hanno ammainato la bandiera europea: è un fatto grave. I politicanti nostrani fanno a gara per strumentalizzare il voto cattolico. Questa ondata anti-europea va contrastata, cominciando col presentare un’informazione corretta su ciò che è successo.

Antonio Longo

MFE Gallarate

L’ANPI di Gallarate, in totale sintonia con le argomentazioni esposte dal dr. Longo in merito alle questioni affrontate, ribadisce la propria attenzione sui fatti che in vario modo coinvolgono i dettati costituzionali, rammentando in questo caso ciò che recita l’Art. 8 della Costituzione:

“Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con nl’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”

Tutto ciò in omaggio all’ordinamento repubblicano, che si ispira al principio di laicità, ovvero di neutralità nei confronti delle diverse fedi e delle corrispondenti confessioni, premessa irrinunciabile per un reale pluralismo democratico.

M. Mascella

Gallarate, 8 Novembre 2009


Condividi questo post