GIORNO DELLA MEMORIA – GALLARATE 2017

GIORNO DELLA MEMORIA – GALLARATE 2017

L’ANPI di Gallarate, fedele ad una tradizione consolidata nel tempo e alla Memoria dell’Olocausto, e oggi più di ieri in presenza di efferatezze di non minore gravità che si perpetrano nel mondo, dando luogo così ad altri Olocausti non meglio definiti, con il Patrocinio delll’Assessorato alla Cultura del Comune di Gallarate, promuove, nel ricordo di quanti furono immolati sugli altari della atroce ideologia nazista dello sterminio, la celebrazione dell’evento,
invitando

Le Associazioni, i Partiti, le Istituzioni cittadine e scolastiche di Gallarate, i cittadini tutti, a partecipare.

Gallarate, 23 Gennaio 2017

 Locandina Giorno della Memoria con logo suggerito dal Comune

Il Presidente di Anpi Gallarate Mascella ringrazia i convenuti all’evento, salutando i rappresentanti delle Istituzioni presenti, in particolare l’On. Angelo Senaldi, e procede con un breve intervento introduttivo che qui di seguito si riporta integralmente:

Legge 20 luglio 2000, n. 211

“Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”

(Gazzetta Ufficiale n. 177, 31 luglio 2000)

Art. 1

La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Art. 2

In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

 

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Accenna, a tale proposito, al sacrificio di Calogero Marrone, funzionario del Comune di Varese, che riuscì a salvare centinaia di perseguitati ebrei ed al quale proprio nel Giorno della Memoria celebrato a Varese il 27 c.m. è stata dedicata una via cittadina.

Ricordiamo ancora una volta, e non stancamente, come spesso ci viene inopportunamente rimproverato, le vittime gallaratesi della follia nazifascista:

VITTORIO ARCONTI delegato sindacale della Ercole Comerio” di Busto A.

GIUSEPPE ROSSI accusato di sabotaggio alla Linea ferroviaria Gallarate – Varese

CLARA PIRANI CARDOSI di origine ebraica

LOTTE FROEHLICH MAZZUCCHELLI di origine ebraica

EGIDIO CHECCHI arrestato a Roma durante la rappresaglia per l’attentato di via Rasella

Per finire, vi leggo una breve lirica composta da un pastore evangelico luterano, Martin Niemoller, che in un primo tempo sostenne l’emergente Hitler, e che se ne dissociò successivamente: arrestato nel 1937 dalla Gestapo su ordine diretto dello stesso Hitler per un suo sermone, fu internato per otto anni in vari campi di concentramento nazisti, finché non venne liberato.

La lirica, che si intitola “Prima vennero…” ha subito varie interpretazioni di convenienza: io vi citerò quella dalla traduzione originale:

“Prima vennero per i comunisti, ed io non dissi nulla perché non ero comunista.

Poi vennero per i socialdemocratici Ed io non dissi nulla perché non ero socialdemocratico.

Poi vennero per i sindacalisti, ed io non dissi nulla perché non ero sindacalista.

Poi vennero per gli Ebrei, ed io non dissi nulla perché non ero Ebreo.

Poi vennero a prendere me.

E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa.”

 

Dopo aver invitato gli astanti ad intervenire ove l’avessero voluto, ha dato la parola al Prof. Giancarlo Restelli, di Anpi Legnano, per l’Orazione Ufficiale della manifestazione. La si riproduce per intero qui di seguito:

 

Intervento a Gallarate 29 gennaio 2017 / Giorno della Memoria

 

Buongiorno a tutti voi, un saluto alle autorità e agli amici dell’Anpi di Gallarate. E’ per me un motivo di grande soddisfazione essere qui con voi nella ricorrenza del Giorno della Memoria.

Come è noto il 27 gennaio del 1945 un’avanguardia dell’esercito sovietico entrò nel campo di Auschwitz, appena evacuato dalle SS, e il mondo da quel giorno cominciò a conoscere che cosa era avvenuto nel più grande campo di annientamento che l’uomo aveva progettato e realizzato contro l’uomo.

In circa due anni di pieno funzionamento del campo di Auschwitz (1942–fine ’44) furono deportate circa un milione e mezzo di persone, prevalentemente ebrei di tutta l’Europa e un gran numero di polacchi e russi non ebrei più alcune decine di migliaia di Rom e Sinti, ossia le popolazioni nomadi dell’Europa centrale e orientale.

Quando il campo fu liberato emerse subito la terribile contabilità di Auschwitz-Birkenau: del milione e mezzo di deportati, circa 900.000 ebrei furono assassinati nelle camere a gas al loro arrivo mentre altre decine di migliaia morirono a causa del lavoro sfibrante, di ridotte razioni alimentari, a causa di malattie e violenze quotidiane. Moltissimi di loro erano ebrei di tutta Europa.

Da Auschwitz e da quel 27 gennaio di 72 anni fa nacque una parola che riassume tutto l’orrore dei campi nazisti: Shoah. Shoah vuol dire “catastrofe”, “distruzione” del popolo ebraico durante la seconda guerra mondiale: sei milioni di ebrei furono assassinati dal ’39 al ’45 e la metà in strutture di messa a morte come Auschwitz, dotate di camere a gas e forni di incenerimento.

 

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Ma la grande tragedia della Seconda guerra mondiale non ha coinvolto solo gli ebrei. Facciamo fatica a capire quanti siano 48 o 50 milioni di persone che vennero uccise nel corso della guerra e la maggioranza erano civili morti per i bombardamenti, la fame, le violenze della guerra, le stragi contro i civili… Quindi bambini, donne, vecchi vittime della guerra.

Anche la morte nei lager nazisti va purtroppo al di là dei tre milioni di ebrei morti nelle camere a gas: ad Auschwitz furono uccisi anche i Sinti tedeschi con i prigionieri di guerra polacchi e russi mentre in altri lager, come Mauthausen e Dachau, a finire nel meccanismo di messa a morte tramite il lavoro esercitato in forme schiavili furono i partigiani di tutta Europa, gli antifascisti, gli operai che avevano scioperato, persone che avevano aiutato gli ebrei e i soldati nemici in fuga.

Anche qui la contabilità di quelli che furono chiamati Triangoli Rossi arriva a milioni di deportati di tutta l’Europa. E poi omosessuali, Testimoni di Geova, lavoratori di molti paesi deportati per lavorare nelle fabbriche tedesche rappresentano altre componenti di questa galassia infinita che furono i lager nazisti.

Anche l’Italia pagò un prezzo molto alto al terribile bilancio dei campi tedeschi. Dopo l’8 settembre del 1943 dal nostro Paese furono deportati:

–      650.000 soldati dell’esercito italiano (divennero IMI) / 30-40.000 morti

–      24.000 Triangoli Rossi (operai in sciopero, partigiani, antifascisti…) / 10.000 morti circa

–      120.000 lavoratori rastrellati in Italia per lavorare come schiavi nei lager / difficile calcolare il numero di morti

–      8.000 ebrei cittadini italiani che finirono nelle camere a gas di Auschwitz / tornarono poche centinaia di persone

In totale almeno 800.000 italiani conobbero la prigionia e molti la morte al di là delle Alpi. Una deportazione imponente, forse ancora oggi non del tutto conosciuta.

Anche le nostre comunità sono state pesantemente investite da forme di repressione finalizzate a mantenere l’ordine nelle fabbriche e procurare manodopera per i lager in Germania e Austria.

La deportazione da Legnano ha riguardato una quarantina di persone, in prevalenza operai delle grandi fabbriche dell’epoca. A Busto Arsizio addirittura i deportati furono una cinquantina, anche qui con una netta prevalenza dell’elemento operaio.

Due episodi sono particolarmente significativi. Mi sto riferendo ai fatti del 5 gennaio 1944 alla “Franco Tosi” di Legnano e del 10 gennaio dello stesso anno alla “Comerio” di Busto Arsizio.

Alla Franco Tosi lo sciopero andava avanti da alcuni mesi mettendo in difficoltà la produzione bellica tedesca che aveva nella Tosi un punto di riferimento.

Per porre fine agli scioperi e riportare tutti gli operai in fabbrica nel primo pomeriggio del 5 gennaio di 73 anni ci fu l’irruzione di una cinquantina di SS ben armate nel cortile della “Franco Tosi” con l’obiettivo di terrorizzare gli operai.

La stessa tecnica militare cinque giorni dopo a Busto Arsizio (10 gennaio) quando vi fu un’irruzione ancora di SS nella “Ercole Comerio” con l’arresto e la deportazione di sei operai, quasi tutti membri della Commissione interna.

Tra i tre operai della “Comerio” che morirono nei lager ricorderei volentieri Vittorio Arconti.

Nato nel 1901, comunista da sempre, nobile figura dell’opposizione al fascismo durante il Biennio Rosso, nel 1927 deve sopportare tre anni di confino a Ustica e poi a Ponza. Negli anni Trenta è sottoposto a continua sorveglianza ma la sua fede politica non viene meno. Il 10 di gennaio del ’44 anche lui fu arrestato per deportarlo a Mauthausen e far tacere per sempre il suo spirito indomito.

Anche a Gallarate la deportazione fu un tragico capitolo di storia: poco più di una decina di persone finirono a Mauthausen, Flossenbuerg, Dachau e altri lager. Erano operai che avevano scioperato e partigiani alla macchia.

I loro nomi:

Luigi Bardelli, lavoratore, morto a Gusen; Ermanno Besani, partigiano, morto a Flossenbuerg; Emilio Bonicalza, morto a Dachau; Ambrogio Carlo Bossi, operaio, morto a Mauthausen; Paolo Brivio, operaio alla Pirelli di Milano, sopravvissuto; Chiorra Luigi, sopravvissuto; Giuseppe Fossi, morto a Mauthausen; Gerolamo Filippini, sopravvissuto; Franco Gonzatti, sopravvissuto; Carlo Marchesi, commerciante, morto a Flossenbuerg; Giovanni Suglia Passeri, morto a Flossenbuerg.

Undici deportati, quattro sopravvissuti.

Ricordiamo con affetto anche LOTTE FROEHLICH MAZZUCCHELLI e CLARA PIRANI CARDOSI: la loro unica “colpa” era quella di essere ebree.

Lotte fu arrestata a Meina, dove si era rifugiata tentando di trovare salvezza in Svizzera, e fu uccisa con un colpo alla nuca il 22 settembre 1943. Il suo corpo fu poi gettato nel lago.

Clara, moglie del Preside del ginnasio superiore di Gallarate, fu prelevata nella sua abitazione una mattina di maggio del 1944 e, dopo la prigionia a San Vittore e la detenzione nel campo di concentramento di Fossoli, fu uccisa in una camera a gas ad Auschwitz nel mese di agosto.

Quando il mondo uscì dalla seconda guerra mondiale e conobbe l’universo dei lager nazisti molti dissero “Mai Più”! La condanna dei criminali nazisti a Norimberga e i tanti processi contro gli aguzzini nei lager sembravano la garanzia più efficace per un mondo migliore. Alcuni intellettuali giunsero a dire che dopo Auschwitz la poesia non sarebbe stata più possibile perché quanto era accaduto imponeva all’umanità un radicale cambiamento con l’abolizione delle guerre e di ogni forma di ingiustizia.

Purtroppo le cose non andarono in questa direzione, la pace fu subito minacciata dalle due superpotenze uscite vincitrici dalla guerra: Stati Uniti e Unione Sovietica; dopo Hiroscima e Nagasaki nacque l’incubo atomico; la volontà di pace fu sopraffatta da nuovi nazionalismi e nuovi conflitti in Africa, Asia e Medio Oriente.

Il messaggio di Auschwitz venne rapidamente dimenticato nelle tante guerre che insanguinarono il mondo dopo il ’45 e nuove dittature opprimevano i popoli, come nell’Europa orientale, dove altri campi di concentramento continuarono a sussistere fino alla caduta del Muro di Berlino.

Neppure il genocidio ebraico sembrò educare a uno spirito di pace e concordia. Erano ancora fumanti le macerie della guerra e addirittura in Polonia, a Kielce, nell’estate del 1946, vi fu un pogrom antiebraico con decine di vittime. Nel 1994  in Ruanda vi fu un nuovo genodicio (l’etnia Tutsi) con poco meno di un milione di vittime. E poi non dimentichiamo le tante guerre che sono arrivate fino alla fine del Novecento e si sono protratte nel nostro nuovo secolo.

Che fare di fronte a tante ingiustizie nel mondo? A tante guerre dimenticate o guerre senza fine dove prevalgono logiche di esclusione del “nemico” per motivi religiosi, razziali o bassamente economici?

Purtroppo Auschwitz non ha insegnato nulla a un mondo che appare privo di guida e soggetto a un vero disordine mondiale. Centrali finanziarie muovono ingenti masse di capitali seguendo solo la legge del profitto; milioni di disoccupati e soprattutto giovani sono senza lavoro e con la prospettiva di non trovarlo; interi popoli emigrano per sfuggire le guerre e le dittature oppure per dare un futuro migliore ai propri figli; forme esasperate di xenofobia e razzismo sono la risposta più frequente a chi cerca pace e lavoro lontano da casa.

Quindi, che fare? Si può fare molto nonostante tutto. Possiamo insegnare ai nostri figli e ai nostri studenti, se siamo educatori, che al mondo esiste una sola razza. Quella umana. Ed esiste almeno da 40.000 anni! Geneticamente parlando siamo tutti uguali!

Possiamo insegnare che il razzismo non ha nessuna base scientifica e la “paura dello straniero” è esasperata da partiti, televisioni e giornali che seguono logiche a loro favorevoli: voti, pubblicità televisiva e consenso facile.

Possiamo insegnare a chi vuole ascoltare che oggi la stragrande maggioranza dei migranti in Italia è regolarizzata, lavora, paga le tasse, rispetta la legge ed è integrata nelle nostre comunità. I loro figli nati in Italia parlano perfettamente l’italiano e si sentono italiani a tutti gli effetti.

Possiamo insegnare che l’operaio tunisino o egiziano in Italia è uguale all’operaio italiano e tutti e due devono combattere le stesse battaglie sindacali avendo gli stessi interessi da difendere.

Possiamo insegnare che il terrorismo islamico è un grave pericolo ma riguarda frange minuscole, seppure pericolose, di esaltati mentre la totalità dei migranti è a loro contraria.

Tutto questo non è utopia ma la realtà: basta leggere i giornali, leggere i libri migliori e assumere un atteggiamento critico verso quotidiani, mondo politico, associazioni da dove vengono diffusi invece messaggi che incitano allo scontro, alla contrapposizione tra “noi” e “loro”.

Anche durante il colonialismo europeo in Africa, durante l’età dei nazionalismi in Europa e con il nazismo al potere la contrapposizione tra “noi” e “loro” sembrava un dato indubitabile. Le conseguenze di questi atteggiamenti furono i massacri coloniali, le guerre in Europa, e lo sterminio di chi non rientrava in determinati “parametri” di purezza razziale, come nella Germania hitleriana gli zingari, gli ebrei, i disabili tedeschi.

Non facciamo che queste logiche abbiano il sopravvento, non giriamo la testa di fronte a chi semina tempesta, combattiamo ogni giorno la nostra piccola grande “guerra” a favore dell’integrazione, della tolleranza, contro ogni razzismo e ideologia prevaricante. Ricordiamo le tragedie del passato come monito affinché non si ripetano più.

Vengono in mente le parole di Dante Alighieri in una sua opera: “Noi, invece, che abbiamo per patria il mondo, come i pesci il mare…”.

Giancarlo Restelli

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