Posa in opera Pietra d’Inciampo per CLARA PIRANI CARDOSI – Sabato 28 Maggio 2022
Una partecipatissima e commossa cerimonia, introdotta brevemente dal Pres. di Anpi Gallarate, che ha ringraziato le Autorità presenti, a cominciare dalla Ass.ra alla Cultura Claudia Mazzetti, dell’Ass.re Canziani, di Mons Riccardo Festa, prevosto di Gallarate, del Pres. di Aned (Associazione Nazionale Ex Deportati) Milano Leonardo Visco Gilardi, i ragazzi del Liceo di Gallarate con il gonfalone dell’Istituto “G. Pascoli” e tutti i cittadini intervenuti.
La cerimonia è stata così affidata alla prolusione di Michele Rusca, Pres. di AMI (Associazione Mazziniana Italiana), di cui qui di seguito riportiamo il discorso nella sua interezza:
“Clara Pirani era nata a Milano il 23 giugno 1899 da genitori ebrei.
Maestra elementare, il 27 novembre 1924 aveva sposato con rito religioso cattolico il professor Francesco Cardosi.
Si trattava di un “matrimonio misto” che sarebbe poi stato vietato con le leggi razziali fasciste del 1938.
Proprio nel 1938, dopo anni di insegnamento precario in diversi paesi dell’appennino ligure, Clara Pirani Cardosi aveva vinto il concorso per una cattedra a Torino, nella stessa città dove anche il marito aveva ottenuto il trasferimento.
Ma prima ancora che potesse prendere servizio, in base alle nuove leggi razziali venne esclusa dall’insegnamento e dallo stipendio.
Trasferito il professor Cardosi a Gallarate, come Preside del Ginnasio Superiore che aveva sede proprio nell’edificio qui di fronte, tutta la famiglia è venuta ad abitare nella casa comunale al n. 1 di Via del Popolo, nel retro di questa Casa del Proletariato che era stata requisita dalla autorità fascista. Qui è nata la terza delle tre figlie, Gabriella.
All’arrivo della famiglia a Gallarate, uno zelante funzionario del Comune aveva registrato Clara Pirani – e le sue figlie – come appartenenti alla “razza ebraica”.
Anche le ragazze in età scolastica erano quindi state allontanate da scuola.
Essendo di “razza ebraica”, in quanto figlie di madre ebrea, non potevano frequentare le scuole pubbliche.
Pur nel pesante clima della guerra e delle discriminazioni razziali a cui erano soggette la mamma e le figlie, la famiglia trascorse in questa casa cinque anni di relativa tranquillità.
Il 21 gennaio 1944 il nuovo Commissario Prefettizio Angelantonio Bianchi, mandato a reggere il Comune di Gallarate, segnalava al Capo della Provincia Mario Bassi la presenza in città di Clara Pirani Cardosi e delle tre figlie, “tutte di razza ebraica”.
Poi ancora, insistendo, il 1° febbraio il Bianchi inviava nuovamente la stessa comunicazione alla Questura di Varese.
Tre mesi più tardi, la sera dell’11 maggio 1944, l’agente di Pubblica Sicurezza Poli, che abitava al primo piano della casa dove alloggiava la famiglia Cardosi, fece una visita apparentemente immotivata ai vicini.
Si comprese solo più tardi che stava verificando che tutti fossero in casa.
Le bambine delle due famiglie giocavano insieme ogni giorno.
Una sua parola di avvertimento avrebbe forse salvato la vita di una madre innocente.
Nella mattinata del giorno successivo, 12 maggio 1944, il Commissario di Pubblica Sicurezza Antonio Santoro convocava il Preside Cardosi, che si trovava al suo posto di lavoro al Ginnasio, e gli comunicava che in quel momento tre agenti stavano procedendo all’arresto di sua moglie e delle tre figlie. L’ordine proveniva dal Questore di Varese Luigi Duca.
Le tre figlie furono poi rilasciate per ordine della Questura di Varese dove fu invece trattenuta la madre.
La sera stessa il Questore di Varese firmava il foglio di trasferimento al carcere di San Vittore, con l’ordine di consegna della detenuta agli uomini del Maresciallo SS Otto Koch. I carcerieri tedeschi firmarono una regolare ricevuta.
Il 9 giugno 1944 Clara Pirani Cardosi veniva portata al “Campo di Polizia e di Transito di Fossoli” in provincia di Modena.
Il 1° agosto 1944 veniva deportata in Germania, in un vagone ferroviario piombato, insieme agli ultimi 300 ebrei rimasti nel campo. Erano quelli di “famiglia mista” che fino a quel momento erano stati considerati non deportabili in base alla legge italiana.
Domenica 6 agosto 1944, dopo un viaggio in condizioni spaventose per il caldo e per la mancanza di cibo e di acqua, il convoglio ferroviario arrivava al campo di sterminio di Auschwitz.
Il Dottor Mengele faceva la selezione: 189 persone furono immediatamente avviate alla camera a gas.
Fra queste, Clara Pirani Cardosi.
All’oscuro della morte, per un angosciante tempo anche dopo la fine della guerra, la famiglia cercò sue notizie. La conferma della sua scomparsa, dopo un alternarsi di speranze e disillusioni, arrivò solo alla fine del 1945, sedici mesi dopo il suo assassinio.
Nei processi intentati nel dopoguerra dalla Repubblica Italiana nei confronti dei responsabili delle deportazioni di ebrei in provincia di Varese l’unica condanna fu irrisoria.
Mario Bassi, ex Capo della Provincia e mandante di tutti gli arresti nel territorio varesino, fu infatti scarcerato nel gennaio 1947. Fra le motivazioni attenuanti, la “non grave intensità del dolo”.
L’ex questore di Varese Luigi Duca, che firmò l’ordine di arresto e di consegna ai tedeschi, uscì indenne dalla parentesi giudiziaria. Nel 1981, a 81 anni, fu eletto Sindaco in Valganna.
Per il funzionario di polizia di Gallarate Antonio Santoro, che eseguì l’arresto, non ci fu nessuna conseguenza giudiziario: il provvedimento di amnistia del Ministro Togliatti cancellò tutto nel 1946.
Analoga via d’uscita per l’ex Commissario Prefettizio di Gallarate, Angelantonio Bianchi, che tornò a Fondi, nella sua città d’origine in provincia di Latina, dove riprese la sua attività di funzionario nella Amministrazione Comunale e dove morì nel 1974.
Il Maresciallo SS Otto Koch, responsabile delle deportazioni presso il Comando Germanico di Milano, rientrato in patria riprese a vivere e a lavorare indisturbato. Concluse serenamente la sua vecchiaia in una casa di riposo per anziani dove è morto il 15 marzo 1996.
Il famigerato Dottor Joseph Mengele, medico delle SS e responsabile degli ordini di sterminio ad Auschwitz, sopravvisse alla caduta del regime e sfuggì al processo di Norimberga. Con documenti falsi rilasciati in Alto Adige con il beneplacito del vicario di Bressanone si rifugiò in Sud America vivendo in Argentina, Paraguay e Brasile dove morì per un ictus il 7 febbraio 1979 mentre nuotava in un luogo di villeggiatura.
Spesso noi condanniamo, giustamente e doverosamente, i processi sommari e le vendette che ci furono, in alcune occasioni, nell’immediato dopoguerra.
Ma non dobbiamo dimenticare, sull’altro versante, la massa di colpevoli impuniti
La triste vicenda di Clara Pirani Cardosi ebbe infine, nel dopoguerra, un penosissimo strascico.
Quando le tre figlie minorenni chiesero la reversibilità della pensione per il servizio prestato dalla mamma come insegnante elementare, la motivazione del rifiuto da parte del nostro apparato burocratico fu agghiacciante.
In conseguenza della mancata prestazione lavorativa a causa delle leggi razziali e della successiva morte in campo di sterminio, alla defunta maestra elementare Clara Pirani Cardosi mancavano 7 mesi e 23 giorni di lavoro necessari per raggiungere il minimo dei contributi previdenziali.
Quindi, alle orfane minorenni non spettava alcuna pensione di reversibilità.
Questo è stato l’ultimo atto di una lunga storia di Giustizia Negata.”
Ha proseguito poi il Pres. di Aned Milano Leonardo Visco Gilardi con un lungo e minuzioso discorso di cui non abbiamo al momento un testo riproducibile, ma che è stato apprezzato dagli astanti. Tra l’altro, significativo il richiamo al fatto che ai Deportati veniva tolta la propria personalità, il nome, la dignità, e che le Pietre servono anche a questo: restituire alle vittime la loro vita… Ha stigmatizzato inoltre come “ancora oggi c’è il pericolo di nuovi fascismi, e la nostra testimonianza è dunque necessaria e inevitabile”.
La cerimonia si è conclusa con la esposizione della PIETRA a cura dei bambini presenti ed al suono di musiche in tema, tra cui la colonna sonora di “Schindler’s List” (La lista di Schindler), che hanno conferito alla stessa ulteriore solennità.
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