Nel 1944 il giovane operaio Angelo Pegoraro conta diciotto anni. Nel febbraio di quell’anno viene licenziato dalla Caproni Vizzola, dove lavora come garzone. Decide allora di trasferirsi a Ghemme (Novara), per lavorare alla Todt, e lì incontra, per la prima volta, alcuni gruppi partigiani locali. Il contatto coi combattenti, lo scambio di idee, di sentimenti e di comuni e condivise speranze lo spingono presto ad unirsi a loro nella Lotta di Liberazione. La sua fede negli ideali di libertà e giustizia sociale si rafforza un poco di più ogni giorno che passa, e abbattere il fascismo e ricominciare da una società rifondata sui valori della Resistenza diventano i suoi impellenti imperativi. Il nome di battaglia che Angelo sceglie di assumere è Falco. Nel luglio del 1944 è a Besnate per un’operazione dei G.A.P., poi si sposta a Villadosia dove la carenza di viveri e gli stenti della vita clandestina lo portano ad affrontare momenti drammatici. Dopo un rastrellamento nazi-fascista che disperde il suo gruppo (il 18 ottobre), Falco e il compagno Vinicio raccolgono le armi, le nascondono, e raggiungono in novembre i reparti partigiani della 124ª Brigata nel novarese. Con loro, e con reparti di altre Brigate, Falco partecipa ad un’azione il 14 dicembre del 1944, oggi ricordata come «battaglia di Suno».
Circa un mese dopo, nel gennaio del 1945, Angelo Pegoraro torna a casa per visitare la madre che vive a Gallarate nella via oggi a lui dedicata. Il 16 dello stesso mese viene intercettato e ucciso dai fascisti della locale brigata nera. Il partigiano comunista Falco muore a diciannove anni sulla soglia di casa.