Lionello Rossetti

Nome di battaglia: Comandante “NEMBO”

INTERVISTA A LIONELLO ROSSETTI

Lionello Rossetti nasce nel 1920 e, all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, era un giovane di poco più di 20 anni.

La sua famiglia era di idee socialiste e il padre, appartenente al partito socialista, aveva svolto il servizio di leva militare con Benito Mussolini nel corpo dei “Bersaglieri”.
Il futuro duce, all’epoca, era infatti ancora di idee socialiste e il padre di Lionello approvò l’operato di Mussolini fino a che il partito fascista non ricorse alla violenza ed alla repressione per raggiungere il potere.
Come ricorda il sig. Rossetti, il padre rifiutò di aderire al partito fascista proprio a causa del suo carattere violento e profondamente antidemocratico in quanto:

“…Un partito che va su con la violenza non è un buon partito ed io me ne tiro fuori…”

Per tutta la sua infanzia e per gran parte della sua adolescenza, Lionello si spostò e visse in diversi Stati Europei, in quanto suo padre lavorava come funzionario per il ministero degli Esteri italiano.
Nel periodo dell’ascesa al potere del partito di Mussolini la famiglia Rossetti viveva presso l’ambasciata italiana di Parigi, dove tutti i funzionari ricevettero l’ordine di affiancare alle foto del re quelle del duce e di compiere il saluto fascista.
Il padre di Lionello si rifiutò di adempiere a queste consegne e perciò fu immediatamente licenziato e cacciato dall’ambasciata parigina.
Lionello e la sua famiglia si dovettero allora trasferire a Marsiglia, dove il padre trovò impiego, in qualità di interprete, presso una agenzia.

Durante uno dei suoi viaggi di ritorno in Italia però, nel 1932, il padre di Lionello fu coinvolto in una sommossa tra polizia e antifascisti e, imprigionato nel carcere di San Vittore, dopo pochi giorni venne ucciso.

Questo evento fu fortemente traumatico per Lionello il quale, una volta terminati gli studi all’estero, nel 1942 tornò in Italia e si arruolò subito nelle fila dell’esercito che si accingeva a partire per la campagna di Russia.
Il sig. Rossetti partì alla volta della Russia da Verona, e  ricorda ancora benissimo le parole che un colonnello fascista  rivolse ai soldati pronti a partire:

“…Andate a combattere tra orde di selvaggi, gente che non sa neanche cosa è una bicicletta e che non crede in Dio!”

A queste parole egli fu molto stupito e incredulo poiché, venendo dall’estero, si rese conto subito dell’assurdità dell’affermazione, mentre i suoi commilitoni ( tutti ex “Balilla”)  si fecero convincere immediatamente dalle parole dell’ufficiale.

L’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio di Badoglio, il sig. Rossetti, che faceva parte del corpo dei paracadutisti, fu catturato dai tedeschi e fu portato alla stazione di Bologna.
Qui, con i suoi compagni, venne caricato su un treno per il trasporto del bestiame diretto a Dachau o Buchenwald ma, dopo alcuni minuti di viaggio, il convoglio dovette fermarsi a causa dell’interruzione di alcuni binari.
Tutti i prigionieri, compreso il sig. Rossetti, vennero fatti scendere dal treno e vennero tenuti sotto tiro dai fucili degli “Hitler Jungen”, giovani soldati tedeschi paragonabili agli “ avanguardisti” italiani, che avevano l’ordine di sparare a vista.
I prigionieri iniziarono quindi a incamminarsi verso la stazione più vicina per salire su un nuovo treno diretto in Germania: resosi conto della situazione però, il sig. Lionello attese un momento di disattenzione delle guardie per tuffarsi nelle sterpaglie vicine al ciglio della strada e, dopo una estenuante fuga, raggiungere casa.

Rossetti CIMG3710 copiaVerso la metà di ottobre del 1943 Lionello Rossetti si arruolò nelle bande partigiane che operavano nelle montagne della provincia di Biella per vendicare la morte inflitta al padre dai fascisti.
Di questa esperienza il sig. Rossetti ricorda il fatto che:

“…in una banda di quaranta partigiani avevamo un solo fucile…”

Durante la lotta resistenziale egli conobbe anche l’onorevole Moranino, che era a capo della “12° divisione Garibaldi” e fu testimone di molte delle morti di alcuni dei 600 partigiani che qui persero la vita.
In riferimento alla propria esperienza di partigiano sulle montagne di Biella, Rossetti afferma :

“…La guerra partigiana è una delle più difficili da fare perché gli eserciti, siano italiani, tedeschi o quello che è, sono tutti ben armati, hanno dietro una assistenza che gli porta da mangiare, hanno dei comandanti che volere o no, buoni o cattivi che siano, sono stati all’accademia militare, sanno comandare. Questo noi non l’avevamo. Noi avevamo dei comandanti che erano degli eroi, dei piccoli eroi. Molte volte le nostre azioni erano eroiche perché appunto basate sul momento in cui ti trovavi di fronte i fascisti, sparavi però non sapevi come scappare o non avevi le armi adatte, è stato difficile…”

Intervista realizzata il 24 Giugno 2003

Lionello Rossetti è deceduto il 9 Gennaio del 2007, compianto dai suoi familiari e dai compagni dell’Anpi.